pubblicato su Italian Dental Journal n°3 – marzo 2012
Giuseppe Marzo, neo presidente Sioi, delinea il profilo di una disciplina sempre più orientata verso la prevenzione. La nuova sfida è arrivare a quella grande fascia di popolazione che si sottrae alle cure odontoiatriche.
Da gennaio cambio al vertice della Società italiana di odontoiatria pediatrica (Sioi): Roberto Ferro (molto apprezzato il suo contributo in questi anni) ha passato il testimone a Giuseppe Marzo, docente di malattie odontostomatologiche all’Università degli Studi dell’Aquila, che sarà presidente
per i prossimi due anni. Insomma un universitario, Marzo, dopo un libero professionista (ma soprattutto ospedaliero),
Ferro.
«Credo che una società scientifica debba essere sempre,
continuamente una fusione di portatori di cultura che provengono
sia dall’università che dalla libera professione. Il
mio consiglio direttivo è proprio un mix di queste due componenti
» ci ha detto il professor Marzo, che si occupa di
odontoiatria pediatrica da 25 anni e fa parte del consiglio
direttivo Sioi da 18.
Italian Dental Journal ha incontrato il professor Giuseppe
Marzo, che è anche direttore della scuola di specializzazione
in ortognatodonzia sempre all’Università dell’Aquila e direttore
responsabile dell’European Journal of Paediatric
Dentistry (www.ejpd.eu), per scoprire i punti chiave del suo
biennio di presidenza, che si articolerà attorno a tre concetti
chiave: “promuovere, incontrarsi, comunicare”.
Professor Marzo, come
cambia l’organizzazione
della società scientifica?
Penso che una società scientifica
debba avere un’evoluzione
nella continuità.
Troppo spesso si tende a gettare
alle ortiche tutto ciò che
è stato fatto in passato, per
voler innovare a tutti i costi.
In qualche caso poi questi
processi avvengono in una
maniera così compulsiva da
risultare persino scriteriata.
Penso invece si debba prendere
dal passato tutto ciò
che di buono ci ha trasmesso.
E qualche volta, per chi
sa vedere, questo è moltissimo.
Su questo è naturalmente
utile innestare le idee dei
nuovi, per svolgere al meglio
il ruolo di una società scientifica,
che è quello di supportare
le necessità degli
operatori – aggiornamento e
condivisione culturale – e
quelle degli utenti – informazione
sulla prevenzione e
sui trattamenti e richiesta di
indirizzo verso gli specialisti
che si occupano di pedodonzia.
Sioi intende rispondere
a entrambe queste necessità.
Quali saranno le caratteristiche
e i punti cardine dell’attività
culturale Sioi dei
prossimi anni?
Il consiglio direttivo ha già operato una precisa scelta,
che va nella direzione di un
vero rafforzamento delle sezioni
regionali. Un percorso
intrapreso già dalla presidenza
del professor Guido
Gallusi a metà degli anni
Novanta e che dette ottimi
risultati.
Oggi in ogni singola realtà
regionale i soci esprimono
un loro referente che partecipa
al consiglio direttivo
nazionale ed è responsabile
della definizione e organizzazione
degli eventi sul territorio
che rappresenta.
L’obiettivo sarà quello di
coinvolgere maggiormente i
singoli soci che, sempre per
il tramite del loro referente
regionale, avranno la possibilità
di scegliere in autonomia
gli argomenti e i contenuti
dei corsi e degli incontri
che verranno organizzati in
tutta Italia.
Avete già stilato un programma
degli appuntamenti
scientifici?
Abbiamo già iniziato a lavorare
sulla programmazione
scientifica e culturale valutando
la possibilità di organizzare
alcuni incontri all’interno
dei congressi di altre
società scientifiche in
ambito odontoiatrico.
Questo perché l’odontoiatria
pediatrica in realtà si occupa di tutte le branche: conservativa,
endodonzia, ortodonzia,
parodontologia.
Ecco allora l’idea di affrontare
i temi caratteristici delle
diverse discipline declinati
da un punto di vista pedodontico.
È previsto un incontro, a
Roma, nell’ambito del Roma
Winter Meeting, nel quale si
parlerà di conservativa in
odontoiatria pediatrica. A
Torino in aprile si svolgerà
una sessione di odontoiatria
pediatrica al congresso del
Collegio dei docenti di
odontoiatria su un tema di
ortodonzia intercettiva.
Sempre in aprile a Pisa un
congresso sulla funzione ed
estetica in pedodonzia e a
novembre, a Genova, nell’ambito
del congresso mondiale
di laser in odontoiatria,
daremo vita a una sessione
scientifica dedicata all’utilizzo
di questa tecnologia
sui piccoli pazienti.
C’è grande impegno poi per
l’organizzazione del congresso
nazionale Sioi, che si
terrà a Roma nel 2013 e rappresenterà
come sempre il
momento culturale e associativo
di maggiore importanza
per la nostra società
scientifica.
L’odontoiatria pediatrica è
la più chiara espressione
della prevenzione in odontoiatria.
Dopo i grandi risultati
raggiunti in passato,
come si declina oggi questa
attività?
Sulla prevenzione in Italia si
è fatto davvero tanto in questi
anni grazie al contributo
dei numerosi attori che si
occupano di pedodonzia,
Sioi compresa. Il nostro
Paese si è così allineato ai
più elevati standard europei
– Svezia in testa – sia in materia
di prevenzione che di
riduzione della patologia
orale tra i bambini.
L’obiettivo della nostra società
scientifica e, più in generale,
dell’odontoiatria pediatrica,
è senza dubbio
quello di continuare su questa
strada, ma soprattutto
quello di intervenire sulle fasce più fragili della popolazione,
le più svantaggiate,
che per diverse ragioni non
possono più permettersi di
frequentare con costanza gli
studi odontoiatrici. O che
non se lo sono mai potuto
permettere, come molti immigrati.
Vi è poi tutta l’area della disabilità:
in queste situazioni
è massima l’attenzione dei
genitori sulla cura della patologia
dominante e troppo
spesso viene trascurata l’igiene
orale.
Come sappiamo la prevenzione
orale dà grandissimi
risultati quando viene attuata
su quella parte della popolazione
che ha una scarsa
o nulla attenzione per la salute
della bocca. Un bacino
critico ancora troppo grande,
sul quale è necessario intervenire.
Dal punto di vista scientifico
siamo molto attenti alla prevenzione,
tanto che abbiamo
istituito all’interno di Sioi
un’apposita commissione
che ci terrà aggiornati sulle
acquisizioni scientifiche e
sulle politiche da attuare in
questo ambito.
In effetti molti adulti italiani
non vanno dal dentista.
E i bambini?
Se devo partire dalla mia
esperienza personale devo
dire che vedo una grande attenzione
da parte dei genitori
verso la salute orale dei loro
bambini. In qualche circostanza
gli adulti trascurano
loro stessi, ma non i loro
figli.
Questa attenzione è anche
frutto di tutta quell’attività
di sensibilizzazione che è
stata portata avanti in questi
anni non solo dalla comunità
odontoiatrica ma anche
da altri specialisti, pediatri
in testa, tra i quali c’è stata
una forte presa di coscienza
riguardo alle tematiche della
salute orale.
In questa direzione abbiamo
già avviato dei contatti con
le associazioni di categoria
dei pediatri per organizzare
momenti culturali comuni.
L’ortodonzia nel paziente
pediatrico: una necessità
terapeutica o una esigenza
estetica? Dove sta il limite
tra le due?
L’ortodonzia fatta in età
evolutiva è sostanzialmente
ortodonzia intercettiva,
quindi prevenzione dell’insorgenza
di malocclusioni
più gravi.
Mi rendo conto che oggi da
molti genitori l’estetica viene
considerata importante
anche nei bambini, e queste
richieste non possono essere
sottovalutate. Ritengo però
che un odontoiatra pediatrico
debba prima di tutto
guardare alla funzione e a
quelle che sono le necessità
cliniche del paziente. Al primo
posto, dunque, va sempre
messa la funzione, cercando
poi di coniugarla all’estetica
per fare in modo
che un intervento abbia tutte
e due le valenze.
Vorrei però sottolineare che
l’odontoiatria italiana è all’avanguardia
non solo dal
punto di vista clinico ma anche
da quello deontologico e
che il pedodontista italiano
è in grado di valutare al meglio
tutti questi aspetti.
Quali sono le peculiarità e
le difficoltà della disciplina?
La pedodonzia comprende
quasi tutte le terapie odontoiatriche.
La peculiarità è la
necessità di rapportare queste
terapie all’età infantile e
ai sui limiti biologici. Le conoscenze
delle branche specialistiche
vanno quindi declinate
per l’età pediatrica.
Ma anche tra i piccoli pazienti
qualche anno di età
può significare una grande
differenza: da un punto di
vista dell’organizzazione
biologica della cavità orale
tra un adulto di vent’anni e
uno di trenta ci sono delle
piccole differenze, ma tra un
bambino di un anno e un
bambino di dieci c’è un abisso.
Ad esempio una cura canalare
su un secondo molare
deciduo è sempre necessaria
su un bambino di sei anni,
mentre va valutata su uno di
dieci.
Saper rapportare tutte le conoscenze
cliniche mediche e
odontoiatriche al soggetto
pediatrico e alle sue peculiarità
biologiche è la vera capacità
clinica del pedodontista.
Andrea Peren