La gestione dei denti neonatali: nuove evidenze istologiche possono modificare l’approccio terapeutico

autore: Angela Galeotti
Unità Operativa di Odontostomatologia, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma, Italia
Email: angela.galeotti@opbg.net

Riasssunto

La presenza di denti nel neonato rappresenta un raro disturbo nella cronologia dell’eruzione dentaria. La terapia dei denti cosiddetti “natali” o “neonatali” prevede l’estrazione solo in presenza di particolari complicanze come ulcerazioni della lingua, severa mobilità con rischio di inalazione accidentale o difficoltà nell’allattamento al seno. Ad oggi, pochi studi istologici sono stati condotti su denti natali o neonatali. In questo articolo vengono analizzati due pazienti con denti neonatali ai quali dopo le estrazioni sono state eseguiti esami istologici. L’analisi microscopica dei tre elementi dentari interessati ha evidenziato un reperto eccezionale, ovvero un massiccio infiltrato infiammatorio nel tessuto pulpare compatibile con un quadro di pulpite di uno degli elementi dentari. I nostri risultati suggeriscono, pertanto, di rivalutare le attuali indicazioni per l’estrazione dei denti natali e neonatali.

INTRODUZIONE

I denti “natali” sono definiti quei denti che sono presenti alla nascita, mentre “neonatali” sono quegli elementi dentari che erompono entro i 30 giorni di vita del neonato (Massler e Savara, 1950). Spesso tali denti sono elementi decidui prematuramente erotti, mentre più di rado rappresentano elementi soprannumerari (Mhaske e coll., 2013). L’eziologia dell’eruzione precoce non è ancora chiara, sono stati chiamati in causa diversi fattori: tramissione di tipo autosomica dominante, disturbi endocrini, posizione della gemma dentaria molto superficiale (Maheswari e coll., 2012; Shini e coll., 2018).

In una recente revisione, Mhaske e coll. (2013) riportano che l’incidenza dei denti natali e neonatali varia nei diversi studi da 1:2000 a 1:3500 nuovi nati con una prevalenza dei denti natali rispetto ai neonatali di 3 a 1. D’altro canto l’unica revisione sistematica con metanalisi sull’argomento (Kana e coll., 2013) sottolinea la grande variabilità tra i diversi studi e la difficoltà nella stima della prevalenza, soprattutto per i denti neonatali che sono più difficili da monitorare. Alcuni studi in letteratura riportano, inoltre, una maggiore prevalenza nelle femmine rispetto ai maschi (Mhaske e coll., 2013; Khandelwal e coll., 2013;  Freudenberger e coll., 2008; Chun-Hsiang e coll., 2017), ma anche tali dati sono controversi (Khandelwal e coll., 2013). In riferimento alla sede di eruzione è dimostrato che la più comune è la regione mandibolare inferiore anteriore: circa l’85% sono infatti incisivi inferiori, l’11% incisivi superiori, il 3% canini e molari inferiori e l’1% sono canini e molari superiori (Mhaske e coll., 2013).

Pochi studi hanno analizzato al microscopio i denti natali e neonatali riportandone le caratteristiche istologiche (Mhaske e coll., 2013; Maheswari e coll., 2012; Bulut e coll., 2019). In questo articolo viene riportata la nostra esperienza di due pazienti con denti neonatali che dopo estrazione sono stati esaminati istologicamente, evidenziando un reperto interessante che potrebbe cambiare l’attuale approccio terapeutico.

 

Casi clinici

Caso 1

Un neonato di 15 giorni si rivolge all’Unità Operativa di Odontostomatologia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma riferendo l’improvvisa comparsa di un elemento dentario all’arcata inferiore. Il neonato era in buona salute generale e regolarmente allattato al seno. I genitori riportano che il neonato appare talvolta agitato e piange senza un apparente motivo. All’esame intraorale si rileva la presenza di un singolo dente all’arcata inferiore in regione anteriore. L’elemento dentario era affetto da notevole mobilità, pertanto ne viene programmata l’estrazione per evitare inalazione o ingestione accidentale nonchè l’insorgenza di dolore per la madre durante l’allattamento al seno. L’odontoiatra pediatrico decide di effettuare l’estrazione nella stessa seduta rispetto alla prima visita, dopo essersi assicurato che il paziente avesse ricevuto alla nascita la dose parenterale di vitamina k, onde evitare rischi emorragici. Il dente neonatale presentava una forma molto simile ad un incisivo inferiore e la radice appariva incompleta (figura 1).

Figura 1. Dente neonatale dopo estrazione

L’elemento dentario viene sottoposto a protocollo di fissazione e colorazione mediante ematossilina ed eosina e viene sezionato longitudinalmente per l’esame microscopico. L’esame istologico rivela la presenza di un sottile strato di smalto ipoplasico, mentre il tessuto pulpare presenta un ampio quadro di infiltrato infiammatorio compatibile con quello di una pulpite (figura 2).

Figura 2. Sezione longitudinale al microscopio ottico ottenuta dopo demineralizzazione e trattamento con ematossilina ed eosina. Questa sezione mostra un infiltrato infiammatorio diffuso nel tessuto pulpare.

Caso 2

Una neonata di 14 giorni si rivolge all’Unità Operativa di Odontostomatologia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma per la presenza di due elementi dentari all’arcata inferiore. All’esame intraorale della paziente, che si presenta in buono stato di salute generale e regolarmente allattata al seno, si evidenziano due elementi dentari in regione 31 e 41. A causa della notevole mobilità di entrambi gli elementi, si decide di procedere alla estrazione degli stessi; la neonata aveva ricevuto alla nascita la dose parenterale di vitamina k prevista per evitare rischi di emorragie perinatali. Entrambi gli elementi, che risultavano simili a due incisivi inferiori con rudimentali radici, venivano sottoposti ad esame istologico. L’analisi microscopica su sezioni longitudinali di entrambi gli elementi evidenziavano uno strato sottile di smalto e la presenza di multipli vasi iperemici nel tessuto pulpare con numerosi aggregati eritrocitari (figura 3).

 

Figura 3. Sezione longitudinale al microscopio ottico ottenuta dopo demineralizzazione e trattamento con ematossilina ed eosina. Questa sezione mostra diametro aumentato dei vasi ematici e presenza di aggregati eritrocitarii nel tessuto pulpare.

Discussione e Conclusioni

Le più frequenti complicanze dei denti natali e neonatali sono: la sindrome di Riga-Fede che consiste nell’ulcerazione del ventre linguale dovuto al trauma causato dal margine incisale durante la suzione (Freudenberger e coll., 2008; Bulut e coll., 2019), il deficit di nutrizione in presenza di dolore nella madre che ostacola il fisiologico allattamento al senoe, infine, il rischio di inalazione accidentale in presenza di severa mobilità degli elementi dentari (Mhaske e coll., 2013). Attualmente l’approccio più comune è quello di procedere all’estrazione di tali elementi dentari solo in presenza delle suddette complicanze (Baroni e coll., 2006; Chun-Hsiang e coll., 2017; Maheswari e coll., 2012; Costacurta e coll., 2018). Infatti, nei nostri pazienti l’indicazione al trattamento estrattivo derivava dalla presenza di un grado severo di mobilità in tutti e tre i denti neonatali.

I nostri pazienti (rispettivamente di 15 giorni e 14 giorni di età) avevano entrambi ricevuto alla nascita una dose di vitamina k per via parenterale. Si ricorda che alcuni autori preferiscono rimandare le estrazioni dopo i dieci giorni di vita del neonato per consentire la normale presenza di vitamina k, fondamentale per la produzione di protrombina da parte del fegato. Comunque l’American Academy of Pediatrics già dal 1961 raccomanda che tutti i neonati ricevano una dose parenterale di 0.5-1 mg di vitamina k alla nascita per prevenire rischi emorragici perinatali.

Nel caso 2 l’esame istologico dei denti mostrava iperemia e vasi ematici inspessiti, come già riportato in altri studi microscopici (Mhaske e coll., 2013; Bulut e coll., 2019). Invece, nel caso 1, i risultati istologici evidenziavano un reperto assolutamente nuovo in letteratura: la presenza di un ampio infiltrato infiammatorio nel tessuto pulpare compatibile con un quadro di pulpite del dente neonatale. Tali evidenze potrebbero giustificare quanto riportato dai genitori in riferimento allo stato di agitazione del neonato. D’altra parte, visto che la forma del dente è incompleta e la camera pulpare risulta aperta, sarebbe plausibile anche un’assenza di sintomatologia dolorosa in casi simili.

Pertanto, bisognerebbe considerare tra le complicanze dei denti neonatali anche la possibile presenza di un’infiammazione del tessuto pulpare, come evidenziato nel nostro paziente, che potrebbe creare dolore o fastidi al neonato Inoltre, la presenza di una reazione infiammatoria prolungata potrebbe esporre al rischio di sviluppare disturbi infiammatori sistemici, come riportato recentemente (Radwan-Oczko e coll., 2019). Tali osservazioni rendono necessario una rivalutazione delle attuali indicazioni alla estrazione dei denti natali e neonatali

D’altra parte è interessante ricordare che i denti neonatali (Pisal e coll., 2018; Shetty e coll., 2018), così come quelli decidui (Paglia, 2016), sono stati già utilizzati come fonte di cellule staminali (Caruso e coll., 2014; Campanella, 2018). Pertanto l’estrazione di tali elementi potrebbe rivestire anche un ruolo interessante in futuro nella rigenerazione dei tessuti dentali.

Bibliografia

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